Plebiscito

Vi scrivo alcune riflessioni sul maggior consiglio di ieri 23 ottobre, 2011. Veneto Stato si stava spaccando a metà ed è stato utile riuscire a fare un congresso unico perlomeno così ognuno poteva valutare cos’è l’insieme, formarsi un’opinione personale a riguardo, e prendere le proprie decisioni individuali. Alla base di questa divisione poteva esserci in parte un problema di mentalità diversa, di ideologia differente, di valutazione di operato, o di che linea politica da intrapprendere, ma il fatto principale è che la situazione si è polarizzata sotto la mia guida. Ieri ho avuto il piacere di parlare con molti amici e se c’era un genuino punto in comune era il voler operare secondo le regole congressuali, ma naturalmente non c’era intesa sull’applicazione di queste regole.

L’esempio più lampante è stato l’esclusione di quattro soci di Venezia dalle votazioni. Questo perché sospesi in maniera totalmente irregolare secondo alcuni, e in maniera forzata ma regolare secondo altri. Altrettanto paradossale il caso dei tre bresciani, dove venivano esclusi dal voto il coordinatore provinciale stesso, un socio fondatore, e un candidato ai Diexe con candidatura accettata in quanto socio, ma diritto di voto respinto per tutti perché non è stato possibile verificare secondo le regole. Questi sono dispiaceri di percorso ma purtroppo ricadono nella normalità di un confronto civico. Gli sbagli e le imperfezioni ci sono sempre e fanno parte della partita come le dubbie decisioni arbitrali. Quando un confronto civico non è competitivo, allora va sempre tutto liscio. Ma quando il risultato è vicino e incerto, allora ogni particolare conta e le contestazioni affiorano. Il punto è che ieri l’assemblea era abbastanza divisa, e anche se non è stato concesso di verificare, con un voto, la fiducia dei soci nei miei confronti, l’assemblea c’è stata e chi voleva ha avuto l’opportunità di esprimere in pubblico la sua contrarietà al mio operato.

Veniamo alla parte triste. Per statuto l’elezione degli organi è contestuale a un programma condiviso, e questo è stato interpretato col voler presentare degli schieramenti. Questa interpretazione è nociva all’unità del partito perché forza la creazione di fazioni. Guardo la lista dei candidati nella scheda elettorale cinese che è stata distribuita, e vedo tutte persone che considero amiche, e con le quali sono in sintonia con un sacco di idee… siamo non a caso parte di uno stesso partito. L’approcio usato forzava la creazione di partiti nel partito, ma non importa, se le regole sono state interpretate così, pazienza. Per questa ragione, altre candidature inoltrate (si, sono state inoltrate all’indirizzo giusto) non sono state accettate perché non erano dichiaramente schierate con una fazione. Il fatto che segretario e parte del minor consiglio non si erano dimessi, e che c’erano solo delle cariche vuote da colmare non è stato preso in considerazione. Il reset è stato imposto in partenza perché il segretario è stato considerato decaduto dal presidente d’assemblea senza interpellare i 173 soci presenti. Fin qui si tratta di incidenti di percorso, ma ora arriva il mio dilemma.

Veneto Stato non è una religione, è un mezzo per arrivare a un fine. Una volta non c’era un partito dichiaratamente indipendentista e assieme ad altri ho lavorato tantissimo negli ultimi 3 anni per farlo. I cardini fondamentali erano di seguire un percorso legale, di assolutamente non andare mai a Roma, e di non allearsi con partiti italiani. Ora questo partito c’è, ed è giusto che ce ne sia uno solo a meno che i tre punti fissi sopraelencati non vengano messi in dubbio. E la mia sincera preoccupazione dopo quanto avvenuto dietro le quinte è proprio questo, perché conosco i miei polli e ora che Veneto Stato ha fatto vedere il suo potenziale la cosa fa gola a molti.

Concludo con una riflessione sulla rievocazione del plebiscito 1866 che una fila di soci (secondo i dati ufficiali) hanno deciso di celebrare per il 145esimo anniversario dell’annessione al Regno d’Italia, mettendosi in fila per votare la scheda elettorale con una fazione di candidati sulla colonna di sinistra, mentre sulla colonna di destra a fianco delle cariche non comparivano nomi di “avversari”. Come 145 anni fa il voto si è svolto secondo le regole e in ordine. Perlomeno gli italiani davano la possibilità di votare SI o NO, e questo mi ha fatto riflettere che oltre a lavorare per l’indipendenza bisogna anche fare molta ma molta formazione. Questo perché se non c’è una base di preparazione civica in testa non è possibile coinvolgere più gente, e anzi c’è il rischio di atrofizzarsi.

In bocca al lupo a Chiavegato, al momento presidente di una fazione ma con una volontà e le capacità per diventare il presidente di tutti. Una cosa però, questa nuova linea politica (minaccia di occupazione del municipio di Legnago, LIFE-style) non è certamente da me condivisa.

Lodovico Pizzati

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